Se si parla di pubalgia in senso ampio, cioè di una sindrome dolorosa generica che interessa la regione addominale, inguinale fino alla zona interna delle cosce, le cause possono essere molto diverse e spaziano da patologie tendinee o muscolari, ossee o articolari fino a quelle di tipo infettivo, tumorale, ecc. Per pubalgia, in senso stretto, però si intende generalmente una sindrome dolorosa della griglia pelvica che rientra tra le “patologie da sovraccarico”, cioè la cui origine si fa risalire a una serie di microtraumi ripetuti nel tempo. In sostanza, quindi, la pubalgia è un dolore muscolare (mioentesite) che riguarda diversi gradi di lesione dei muscoli della zona frontale e bassa dell’addome e della sinfisi pubica.
Questa patologia interessa soprattutto gli sportivi, in particolare i professionisti, cioè coloro che svolgono attività continuative e ad alto livello, come ad esempio i giocatori di calcio, e le donne in gravidanza. Ma non solo. Non è infrequente che tale problema emerga anche in atleti che svolgono altre attività sportive come il tennis, la scherma, la pallamano, l’atletica, la danza, l’equitazione, discipline nelle quali è richiesta l’intensa sollecitazione degli arti inferiori. A parte il tipo di sport praticato, non bisogna dimenticare che la pubalgia può sopraggiungere anche a seguito di un cambiamento del tipo di allenamento o, anche, del terreno sul quale lo si svolge (troppo cedevole o eccessivamente irregolare, ad esempio), del tipo di scarpe utilizzato, oppure in relazione alle caratteristiche strutturali dell’atleta, come un’accentuata curvatura lombare, una dismetria degli arti inferiori, patologie congenite dell’anca o problemi posturali che creano asimmetria del bacino. Diverse forme di pubalgia La pubalgia è provocata da un carico eccessivo che si può verificare, come detto, nella pratica sportiva o anche durante il periodo della gravidanza.
A seconda della zona interessata, si possono riscontrare forme diverse di patologia: * la “sindrome retto-adduttoria” che riguarda l’infiammazione dei muscoli che si inseriscono sulla parte antero-superiore dell’osso iliaco è di gran lunga la più frequente; in questo caso, la zona centrale del bacino (osso pubico) viene sottoposta a forti sollecitazioni e tensioni muscolari, provenienti dall’alto (muscoli addominali) e dal basso (muscoli adduttori della coscia) che possono, a lungo andare, creare una patologia da sovraccarico. In questa zona, inoltre, si trova il canale inguinale, che spesso è una parte debole e causa principale dei dolori, la cui origine è proprio un deficit della muscolatura addominale. In coloro che si dedicano all’attività calcistica si può presentare più frequentemente una infiammazione dei muscoli e dei tendini adduttori senza escludere, però, quelli addominali; * la “sindrome sinfisaria” che riguarda il parziale cedimento della sinfisi pubica. La sinfisi pubica è un’articolazione fibro-cartilaginea praticamente immobile che si trova al centro del bacino: la sua mobilità limitata è comunque molto importante, soprattutto nelle donne durante il parto, perché consente, grazie alla sua elasticità, il passaggio del feto. In gravidanza, la griglia pelvica della donna è sottoposta a grandi stress per i movimenti di nutazione e contronutazione; inoltre, per effetto di un generale aumento della lassità dei legamenti, a causa della produzione degli ormoni relaxina e progesterone, può verificarsi un rilasciamento (diastasi) della sinfisi pubica che può causare dolore, più o meno intenso, mentre si cammina o nei cambi di posizione, soprattutto a letto. Tale disturbo, in genere, non deve destare preoccupazione in quanto legato a cause funzionali e destinato a risolversi spontaneamente dopo il parto. Da non sottovalutare, però, l’eventuale malposizionamento del feto durante la gestazione, che potrebbe avere conseguenze dirette sul disallineamento articolare e della griglia pelvica. Sintomi della pubalgia Il principale sintomo della pubalgia è naturalmente il dolore, che parte dall’osso pubico, si dirama in tutta la regione e si localizza nell’inguine fino a interessare, in certi casi, la faccia interna della coscia. Nelle forme lievi, compare al risveglio e si manifesta all’inizio degli esercizi fisici, tendendo poi a scomparire una volta effettuato il riscaldamento. Nelle fasi più gravi della patologia, al contrario, il dolore può apparire anche in modo improvviso, durante lo svolgimento dell’attività sportiva, tanto da impedirne la continuazione o, addirittura, rendere difficile la semplice deambulazione. In questo caso, il dolore diventa persistente, continuo e tende ad aggravarsi con l’attività mentre soltanto il riposo lo attenua.
Esami di approfondimento
Per arrivare a una corretta diagnosi, il paziente affetto da pubalgia può essere sottoposto a un esame ecografico, che mostrerà, soprattutto se la patologia è recente, i tendini alterati nella forma e più spessi. Attraverso la radiografia del bacino è possibile, invece, rilevare l’esistenza di eventuali lesioni a livello dell’osso pubico e di una pubalgia cronica in quanto, nei punti di maggiore infiammazione della sinfisi, si potrà notarne il contorno irregolare con eventuale presenza di geoidi e lo sviluppo di calcificazioni specialmente nella parte inferiore. Per ulteriori approfondimenti, e quando la diagnosi appare ancora incerta, non si escludono scintigrafia, Tac e risonanza magnetica, in grado quest’ultima di evidenziare anche eventuali altre lesioni.
Trattamento della pubalgia
La pubalgia non va mai sottovalutata e occorre intervenire tempestivamente e con decisione per evitare che si cronicizzi. Infatti, la sindrome retto-adduttoria, dovuta a un’infiammazione dei tendini, presa in tempo e curata adeguatamente, regredisce in modo spontaneo. Bisogna però che vengano immediatamente sospese tutte le attività fisiche cui lo sportivo si dedicava, iniziando un periodo di riposo che potrà variare da qualche settimana a qualche mese, con l’accortezza di sottoporsi, contemporaneamente, in base alle indicazioni del medico, a trattamento farmacologico antinfiammatorio locale e sistemico. Non è superfluo aggiungere qualche consiglio di buon senso per chi soffre di pubalgia: compiere movimenti delicati evitando scatti o gesti bruschi; evitare di sollevare pesi da terra; mantenere, quando si è in posizione eretta, il peso del corpo distribuito in modo equilibrato su entrambe le gambe; fare ginnastica aerobica in acqua o, se possibile, nuotare; dormire con un cuscino tra le gambe e, in gravidanza, anche sotto il sedere; utilizzare borse di ghiaccio sulle parti dolenti per alleviare l’infiammazione. Nel coadiuvare l’intervento terapeutico, si potrà ricorrere eventualmente anche a mezzi fisici come correnti laser, crioultrasuoni, ionoforesi, ossigeno-ozono terapia, mesoterapia, anche se la loro efficacia è ancora da dimostrare. Mentre, piuttosto, il fisiatra potrà suggerire all’occorrenza esercizi di streching dei muscoli adduttori, sempre però da svolgere al di sotto della soglia del dolore, in grado di favorire un corretto riequilibrio delle sollecitazioni muscolo-tendinee a cui il bacino è sottoposto. L’intervento chirurgico per risolvere la pubalgia è consigliato nei casi più gravi e cronicizzati della patologia. In passato, si operava direttamente sul tendine per ripulirlo, oggi si usano sistemi cosiddetti “miniinvasivi” con l’uso di radiofrequenze e attraverso una semplice incisione superficiale del tessuto interessato. La chirurgia resta un sistema efficace nel caso di pubalgia parietale addominale, cioè in quella forma di deficienza muscolare del canale addominale, attraverso la cura dell’eventuale ernia inguinale. O nei casi più ribelli, come la “sindrome della guaina femorale”, causata dallo stiramento del nervo perforante per una fissurazione della fascia superficiale addominale, frequente nei calciatori.
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